Cambridge Analytica voleva una ICO

Cambridge Analytica voleva una ICO

La notizia è di quelle clamorose: anche Cambridge Analytica pensava a una ICO. Era infatti nei progetti della società di ricerca una raccolta fondi per l’emissione di una nuova criptovaluta: chiaramente, tutto questo prima dello scandalo che ha scoperchiato un vaso di Pandora enorme, con 87 milioni di utenti Facebook ‘violati’ della loro privacy.

A rivelarlo è una fonte incrociata dell’agenzia Reuters e del New York Times: nello specifico, Cambridge Analytica si era portata già avanti, contattando un’impresa per una consulenza a riguardo. L’intenzione era di strutturare un’offerta iniziale di valuta, – quindi ICO, ossia Initial Coin Offering -, così da consentire a determinati progetti di valuta digitale di raccogliere fondi come se fosse stata un’offerta pubblica iniziale di titoli – IPO – e con una diminuzione drastica in termini di regole. L’obiettivo pare fosse arrivare a 30 milioni di dollari di fondi: mica male.

Un progetto, questo, che però non è stato affatto accantonato: certo, le priorità dell’azienda sono diverse oggi. Però a Reuters un portavoce ha garantito di avere in programma lo sviluppo di una diversa blockchain: in questo modo si potrebbero proteggere i dati online. “Prima della polemica di Facebook – ha raccontato –, stavamo sviluppando una suite di tecnologie per aiutare le persone a reclamare i loro dati personali da entità aziendali e ad avere piena trasparenza e controllo su come vengono utilizzati i loro dati personali. Stavamo esplorando molteplici opzioni per consentire alle persone di gestire e monetizzare i propri dati personali, inclusa la tecnologia blockchain”.

Il Times, comunque, non ha dubbi: il progetto sarebbe nato a metà del 2017, oggi avrebbe addirittura più di un anno. Il piano ICO di Cambridge Analytica aveva l’obiettivo di proteggere sì i dati degli utenti, ma il fine restava la vendita agli inserzionisti. Ci spieghiamo: l’intenzione era la creazione di una piattaforma protetta, in modo da consentire alle persone di vendere i dati personali. A chi? Ai pubblicitari, ovvio.

Commenti da Alexander Nic, CEO di Cambridge Analytica, non sono arrivati: a marzo ha lasciato la compagnia, si era anche vantato di aver posto fine ai giochi politici dei suoi avversari. Ma la società non si è fermata alle polemiche: ha lavorato anche in gran segreto su Dragon Coin, un’altra moneta digitale, con tanto di vacanza a Macao per sostenerla. Questa è destinata solo ai giocatori di casinò e sostenuta da Wan Kuok-koi, alias Dente Rotto, delinquente locale. Sembra il gangster di un film hollywoodiano, lui: in realtà è triste cronaca.