Gli exchange chiedono regolamentazione all’Europa
Bloomberg ha riferito che, viste il continuo variare del panorama giuridico, gli exchange di criptovalute hanno rinnovato la loro richiesta di avere delle normative adeguate. Quelli che dovrebbero adattarsi maggiormente alle nuove norme, cioè gli exchange europei, richiedono un iter giuridico più adeguato rispetto a quello vigente. Nel particolare, i broker vogliono liberarsi dalla percezione secondo cui aiutano il trasferimento di denaro da parte di malviventi o comunque illegale.
La posizione degli Exchange
eToro Europe a Londra e Bitpanda GmbH a Vienna hanno affermato che le regole KYC consentirebbero un’affermazione maggiormente rapida e facile da parte degli exchange. Il co-amministratore delegato di Bitpanda a Vienna, Eric Demuth, ha spiegato la sua posizione presso il Ministero delle Finanze austriaco: “Saremmo felici di avere delle normative, in modo di sapere in che situazione ci troviamo”, riferendo poi in seguito di incontrare frequentemente i potenziali regolatori; un eventuale spostamento a Malta o Gibilterra – zone scarsamente regolamentate – non è interessante, secondo Demuth.
Ciò che si cerca è un sistema che persegua la trasparenza. Qualcosa che potrebbe sembrare un paradosso, in un modo quale quello delle criptovalute che è cresciuto fino a un valore di 800 miliardi di dollari dal 2009. In alcuni paesi del mondo, è possibile acquistare Bitcoin da bancomat senza mostrare un documento di identità, lasciando dunque spazio anche al contrabbando e a operazioni che possono essere effettuate lasciando poche tracce.
L’Oriente come riferimento di regolazione degli Exchange
Il punto di riferimento può essere preso dall’Asia. Le regole di sostegno del Giappone hanno reso questa nazione forse il centro globale per il commercio delle criptovalute. Anche negli Stati Uniti, Coinbase, documentando rigorosamente i propri clienti, ha raccolto 20 milioni di utenti.
In Europa, la mancanza di regole rende impossibile ottenere clienti istituzionali. Dall’altro lato, però, gli exchange non vogliono decisioni dure, al pari di quella presa a marzo dalla Germania, dove i token e le criptovalute sono stati classificati come strumenti finanziari, fissando requisiti molto severi. Demuth ha affermato che sarebbe orribile.
Ora la Commissione europea e le autorità di vigilanza regionali stanno valutando le attuali norme dell’Unione Europa per vedere se è possibile applicarle anche agli exchange. Alcune agenzie fiscali, ad esempio negli USA e in Spagna, hanno chiesto a broker e banche di dati personali e commerciali di clienti che interagivano in quel mercato. Insomma, una bella botta per chi pensava di poter ottenere un certo livello di anonimato.
Exchange inglesi a favore della regolamentazione
L’amministratore delegato di eToro, Iqbal Gandham possiede un gruppo commerciale per portare la trasparenza all’industria delle criptovalute. Ciò viene spiegato dal fatto che eToro, nato nel Regno Unito nel 2007, quindi due anni prima del Bitcoin, ha nel suo giro d’affari per il 75% le criptovalute. “I vantaggi della regolamentazione sono chiari. Un quadro adeguato servirebbe sia per proteggere i consumatori che garantire la longevità e la legittimità del settore stesso”, ha detto Gandham, che però non vede i beni digitali come un bene tradizionale – tesi portata avanti da qualche broker -, spiegando le sue tesi in questo modo: “Dato che ci stiamo occupando di tecnologie nuove ed emergenti, non vorremmo limitarci a scegliere tra le normative esistenti sviluppate per altre classi di attività.” Anche Gandham ha dichiarato che c’è bisogno di prendere esempio dal Giappone: le regoli dovrebbero concentrarsi sulle organizzazioni che interagiscono con i consumatori, quelle che consentono lo scambio tra le monete FIAT e le criptovalute.
La regolamentazione degli Exchange porta solo effetti positivi
Gli investitori possono stare tranquilli e, anzi, essere contenti di simili sviluppi. Il settore delle criptovalute ha ancora ampi margini di miglioramento soprattutto dal punto di vista della reputazione popolare, bassa e dovuta proprio a questa situazione giuridica dubbia. Qualora il problema si risolvesse, si arriverebbe a una nuova stabilità che consentirebbe al settore di avere una forma definita. Ovviamente, in questo momento, l’anonimato – dovuto in parte alla mancanza di regolamentazione – ha permesso a chiunque di accedervi, dunque se il KYC venisse adoperato globalmente, qualcuno potrebbe essere costretto ad utilizzare vie illegali per poter accedere a finanziamento. Potrebbe, pertanto, essere generato un mercato nero, che significherebbe altro denaro nelle mani della criminalità organizzata.
Lascia un commento