Fiducia, la parola chiave quando si parla di criptovalute

Fiducia, la parola chiave quando si parla di criptovalute

La Bank for International Settlments, ossia la Banca dei regolamenti internazionali, non si nasconde: “bisogna avere fiducia, anche e soprattutto nel caso delle criptovalute“. L’istituto, in termini di criptovalute, usa tantissimo questo termine, e il motivo è presto spiegato: per credere in questo nuovo e tutt’altro che piccolo miracolo bancario, c’è bisogno di averne tanta.

La banca ricorda le tre funzioni di una valuta: unità di conto, mezzo di scambio, riserva di valore. Dopodiché, tra queste condizioni, esiste proprio la fiducia: che è presupposto secondo cui nelle monete tradizionali c’è chi è aiutato e sostenuto nei tempi moderni dalla presenza di una Banca centrale e indipendente. A conti fatti si parla di obiettivi condivisi, ossia una chiara politica monetaria e la stabilità finanziaria, senza dimenticare “la responsabilizzazione democratica in modo tale da assicurare la legittimazione e il supporto politico alla banca stessa”. Dunque, e lo sostiene la Bis, la moneta è “una convenzione sociale, supportata da un’istituzione responsabile all’interno di uno Stato, che ha la pubblica fiducia”.

Ovviamente nel Bitcoin questa struttura viene meno: è un dato oggettivo, che non si sottopone a facili polemiche. Ma uno degli obiettivi della criptovaluta è il superamento vero e proprio dell’Istituto centrale quale strumento di garanzia, rispetto alla valuta stessa e alle transazioni. La BIS, così, riconosce che il trust non viene a mancare. E nel libro mastro distribuiti tra i partecipanti del network si valuta – in un’ottica peer to peer – la possibilità di rendere concreta questa fiducia.

Per la Banca dei regolamenti internazionali, comunque, non resta un modello efficiente. Il sistema decentralizzato richiede ai miners un costo molto grande: adesso, l’energia usata dai minatori del Bitcoin non resta paragonabile a quella usata da un Paese come la Svizzera. Ah, non solo: il consumo energetico è solo una delle diseconomie della criptovaluta. Questa deve fronteggiare tante e difficili problematiche proprio nel momento in cui dovrebbe essere adoperata su più larga scala. Tutte le operazioni con Bitcoin – per BIS – implicano un’aggiunta di bytes su ogni transazione.

Altri aspetti: le quotazioni restano soggette alla legge della volatilità, ma c’è anche il rischio di manipolazioni. Sì, proprio così: e arrivano sul controllo sostanziale sulla potenza computazionale da parte di miners che operano insieme. Tutto questo cosa vuol dire? Non esistono solo problematiche, la Banca dei regolamenti internazionali risponde così: da un lato, le criptocurrency non funzionano quali monete; dall’altro, anche la tecnologia alla base delle stesse, ossia la blockchain, resta molto promettente. Insomma, s’attendono sviluppi: la parola chiave è ‘fiducia’.